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(Credit photo: BFO Stile)
Quando ho deciso di ritornare
allo sport professionistico e di
debuttare nella MTB ho dovuto
prendere molte decisioni apparentemente collaterali. Quando si pensa ad un
progetto come EM314, si pensa agli
sponsor, alle sfide umane e tecniche che mi porteranno a rappresentare l’Italia agli European Masters Games di Tampere
– in Finlandia – nel 2023.
Da qualche mese a questa parte,
molta della percezione legata alla mia “avventura” sportiva passa anche attraverso
il riconoscimento che la stampa mi ha tributato in qualità di “atleta più green d’Italia”.
Eppure, nulla più dello sport ti
insegna che le cose importanti sono quelle che non si vedono o che
semplicemente si danno per scontate. Dietro una gara di 60 km ce ne sono
migliaia percorsi in solitaria, lontani dal pubblico, dalla stampa, dai social.
Con le stagioni che attraverso le loro caratteristiche (e il meteo) scandiscono
il tempo tra una performance e l’altra.
Al momento della stesura di
questo articolo ho 44 anni. Sono tornato in sella da quasi 2. Sarebbe “cool” dirti quanto sia emozionante
scendere a quasi 80 km/h tra i boschi. Quando guardi una gara del motomondiale o di Formula 1 rimani colpito dalla velocità. Dalle uscite di pista a
200/300 km/h nell’immancabile via di fuga.
Nella MTB le vie di fuga non ci
sono. Nella gara di XCO alle
olimpiadi di Tokyo 2020 un rider ha
fatto un 180° in avanti atterrando di schiena su una roccia dopo un salto. Le
nostre vie di fuga si chiamano sassi, radici, terreno “scassato” e perché no…
alberi. E non abbiamo tute con l’airbag o HANS a proteggerci, perché nel ciclismo esiste un’unica ossessione che
si chiama “rapporto peso-potenza”. Meno peso hai da portare in salita, più vai
veloce.
Quando ho deciso di correre nella
MTB e dedicarmi al cross country sapevo che avrei fatto qualcosa che agli occhi
dei non addetti ai lavori è a dir poco estremo. Non essendo più un ragazzino
scalmanato il mio approccio è stato molto più metodico e calcolato, per ridurre
i rischi di uno sport che è oggettivamente pericoloso. L’esperienza mi ha
insegnato che bisogna sempre partire dalle basi e dalle cose che tutti danno
per scontate per non fallire.
Ho investito molto tempo nei
primi mesi di allenamento, infatti, nella scelta degli pneumatici da montare. Proprio così le gomme. Perché la MTB è molto
diversa dalle foto che si scaricano da internet, dove spesso ci facciamo
ritrarre mentre facciamo salti spettacolari. Quei salti sono concessioni che
facciamo ai fotografi (e al nostro divertimento) in sicurezza.
La verità è che quella sottile
striscia nera di gomma è l’unica cosa che ci dà il controllo e ci permette di
raggiungere quel delicato equilibrio tra
grip, direzionalità, frenata e percezione di sicurezza nei
confronti della gravità davanti alla quale contiamo davvero poco. Sicuramente
meno di quanto vogliamo
Convincerci ogni volta che ci
lanciamo in discesa. Quella sottile striscia nera di gomma è l’unico punto di
contatto tra il binomio uomo-mezzo e il terreno.
(Credit photo: BFO Stile)
Dopo mesi e km di esperienza ho
trovato il mio pneumatico. Uso ormai con continuità i MICHELIN FORCE XC.
Sia ben chiaro, non si tratta di
una “marketta”, ma di una scelta molto oculata che ti spiego di seguito, nella
speranza possa esserti utile in una scelta che può fare la differenza tra il
divertirsi e il guardare il mondo da una prospettiva troppo vicina al terreno.
Il FORCE XC è un pneumatico adatto al cross country con un battistrada che ben si comporta sui terreni asciutti.
Con un disegno del battistrada che permette uno straordinario equilibrio tra
grip e scorrevolezza. Ovviamente per il fango uso un prodotto specifico sempre
MICHELIN. Inutile dire che nel fango la tassellatura deve essere molto più
“profonda”.
Ma al di là del battistrada, c’è
un altro fattore del quale si parla sempre troppo poco e che fa davvero la
differenza: la spalla.
Come ho scritto precedentemente,
nella realtà, buona parte del lavoro di un rider
consiste nel mettere a contatto con il terreno lo pneumatico appena possibile.
A costo di buttarlo giù!
La spalla del MICHELIN FORCE XC
ha una rigidità che permette un buon equilibrio tra l’ammortizzazione
dell’atterraggio su terreni sconnessi e la rigidità che consente una stabilità
direzionale tra il cerchione, il battistrada e il suo punto di contatto con il
terreno. In altre parole quando atterri o ti trovi a saltellare su un terreno
scassato hai un senso di solidità e un feeling – soprattutto con l’avantreno –
che ti permette di controllare il mezzo con grande sicurezza e sensibilità.
Non solo. Le caratteristiche
della spalla danno un altro grande vantaggio in una situazione che per molti è
critica, ovvero il terreno in contropendenza. Nei passaggi più impegnativi con
quelle caratteristiche avere un feeling solido e ben strutturato ti regala un
grande senso di stabilità, soprattutto se ti bilanci con una corretta gestione
dei pesi sui pedali.
Infine, con il mio metro e
ottantasette (ahimé) non sono un peso piuma e rappresento un realistico
riferimento per il rider medio che
magari con qualche centimetro in meno si regala qualche kg (beato lui) a
tavola. Al di là della tassellatura, che ha comunque ha la sua importanza,
credo sia opportuno prendere in considerazione tutte le forze che agiscono
sulla ruota. La rotazione, l’aderenza ma anche le forze laterali che sui
tracciati di MTB sono parte integrante del gioco.
I MICHELIN FORCE XC sono la mia
scelta. Una vera scelta a seguito di molte prove.
La performance e il divertimento
nel nostro sport passa in primis dalla sicurezza.
Emmanuele “EM314”
Macaluso